RIFLESSIONI SULLA LETALITA’ DEL COVID19

Si legge da più parti uno strano dibattito tra chi tende a considerare questa pandemia un qualcosa simile ad una qualsiasi influenza e chi, ragionando in maniera diametralmente opposta, tende a mettere l’accento sulla letalità di questo virus.

A parte la banale considerazione che l’influenza stagionale trova pazienti già immuni ed una vasta porzione della popolazione già vaccinata, quindi non può che avere un tasso di mortalità più basso del Covid19, il dibattito su questi aspetti va lasciato ai virologi, spesso in disaccordo tra loro, ed a chi ha competenze scientifiche adeguate nel campo.

Per ragionare sul piano politico è necessario, invece, fare alcune brevi considerazioni.

Statisticamente si può dire che i numeri veri li conosceremo a valle di questa pandemia. Il tasso percentuale di mortalità, ad esempio, è possibile conoscerlo soltanto avendo un’idea approssimativamente precisa del numero dei contagiati. Quelli che ogni giorno ci vengono segnalati sono “la punta dell’iceberg” vista l’altissima percentuale di “asintomatici” o con sintomi lievi che non vengono affatto rilevati. Ci sono stime che parlano di dieci volte superiore il numero reale dei contagiati rispetto a quelli conteggiati o chi arriva a numeri addirittura superiori di 100 volte.

Per conoscere il dato vero sarebbe necessario uno screening di massa. In questo senso anche l’idea di procedere a test sierologici per individuare gli anticorpi può essere la strada per avere dei dati significativi, oltre a permettere di capire la quota di popolazione già immunizzata. Certamente in Italia un numero così limitato di tamponi ha contribuito a non tenere il controllo della situazione con effetti anche sulla quantità di deceduti causa dell’alta diffusione soprattutto in alcune aree.

Detto questo, i dati dei numeri assoluti di mortalità che fornisce l’Istat, in particolare in Lombardia, superano, nei vari singoli comuni considerati, fino al 1000% i deceduti dello stesso periodo dello scorso anno (periodo 01-21 marzo 2019 e 2020). E si può già affermare che, con questi dati, i decessi sono e saranno anch’essi molto superiori a quelli ufficiali.

Però da un punto di vista statistico questo aspetto della mortalità in termini assoluti ci da il numero dei decessi ma non ci permette di avere il tasso di mortalità del virus che è un dato percentuale e quindi va rilevato in relazione alla grandezza del denominatore ( i contagiati reali).

Ma l’elemento che non può essere assolutamente sottovalutato rispetto alla mortalità di questa infezione è quello relativo al sistema sanitario di riferimento.

In Italia, come in Spagna ed in Francia i tagli alla sanità degli ultimi venti anni hanno portato a tagli di ospedali, personale, ad una riduzione di posti letto normali ed in terapia intensiva molto alti. Basta paragonare i numeri della Germania che ha 28.000 posti di terapia intensiva (arrivati a 40.000 durante l’emergenza) contro i 5.000 di Italia e Francia e 4.400 della Spagna. Per non parlare del sistema sanitario degli Stati Uniti in cui si teme una vera e propria strage. La foto a Las Vegas con decine di homeless sdraiati a distanza di due metri, l’uno dall’altro, su un parcheggio all’aperto è solo un presagio dell’orrore possibile insieme a raffigurare la barbarie del sistema sociale a stelle e strisce.

Ma anche solo il confronto sui tassi di mortalità in Europa è lì a dimostrare molto probabilmente quanto pesi il sistema sanitario.

Infatti aldilà del modo di contare i morti non può essere di poco conto il fatto che in Germania si proceda con circa 400 mila tamponi a settimana e stiano programmando di arrivare a circa 100 mila al giorno. Non c’è dubbio che con questo metodo si possa intervenire prima con quarantene e terapie rendendo più facile limitare contagio e decessi. Contestualmente avere la massima tranquillità di poter curare tutti coloro che ne hanno o ne avranno bisogno in terapia intensiva riduce il ritardo nei ricoveri e permette interventi tempestivi. Ad ogni modo i dati ufficiali danno in Germania, ad oggi,  100.000 contagi e circa 1.600 morti. Mentre in Italia siamo a 128.000 contagiati e 15.000 morti, in Spagna 135.000 contagiati e 13.000 morti, in Francia 94.000 contagiati ed oltre 8.000 morti. Sicuramente, come ho già detto, i dati reali li vedremo alla fine ma la differenza ora è impressionante e spinge a riflettere.

Quando si arriva a “decidere chi salvare” o ad avere moltissimi morti in casa (che non sono conteggiati in questo momento) non si può non rilevare che lo stato del sistema sanitario sia fondamentale nell’elaborare un dato sulla mortalità. La stessa scandalosa richiesta alle RSA (case di riposo) lombarde denunciata dall’UNEBA Lombardia (Unione Nazionale istituzione e iniziative di assistenza sociale) di dare spazio ai malati Covid19, con le conseguenze che sappiamo sugli anziani di quelle residenze, fa parte dell’essenza di questa debolezza strutturale.  In questo senso si può affermare che esiste una letalità sul piano epidemiologico, ma tale letalità tende ad aumentare significativamente quando il sistema sanitario, volutamente ridimensionato e sfibrato negli anni, non regge. Alla fine questi numeri andranno ben ponderati perché ognuno si assuma delle responsabilità.

In ogni caso va rivendicato con forza da subito il rilancio di investimenti ingenti nel settore sanitario che colmi il gap con i tagli passati e si adegui, dopo l’emergenza, rispetto agli insegnamenti che la tempesta del Coronavirus lascerà.

In generale, oltre alla questione sanitaria, questa vicenda mette a nudo quanto siano d’argilla i piedi del gigante capitalista che nel caos continua a dominare il mondo. Una fragilità che mette in gioco la stessa capacità egemonica delle classi dominanti, oggi tornate in buona parte a richiedere un massiccio intervento statale. Una situazione che mostra la debolezza di un sistema che senza intervento dello Stato imploderebbe su se stesso per asfissia da assenza di liquidità facendo saltare in aria ogni equilibrio sociale. Che non è in grado di tutelare la salute, che non è in grado di garantire un futuro.

Non andrà tutto bene dopo la pandemia, ma potrà iniziare ad andare molto bene se cambieremo tutto.