Elezioni europee. Chi vince, chi perde e chi sta a guardare

 Le elezioni europee fotografano una situazione piuttosto chiara in tutto il continente. Nonostante ogni Paese abbia la sua specificità e la maggioranza del Parlamento sia ancora in mano a popolari e socialisti (con il supporto di liberali e/o verdi), il trend complessivo vede un’affermazione delle forze che hanno sostenuto, da destra, la necessità di ostacolare il predominio di Bruxelles.

Questo è avvenuto in Francia, in cui il primo partito risulta con il 22% dei voti il Front National della Le Pen, in Inghilterra, dove ha prevalso il partito filo Brexit di Farage con il 32%. Così come Orban in Ungheria, i nazionalisti in Polonia e la Lega in Italia. Gli unici Paesi in cui i socialisti reggono sono la Spagna, dove è fresca la vittoria alle politiche di Aprile, ed in Portogallo dove, però, bisogna registrare un dato altissimo dell’astensionismo, avendo votato solo il 30% degli aventi diritto. Tranne in pochi Paesi, come Italia ed appunto il Portogallo, il dato dell’affluenza aumenta, seppure di poco, ed in generale sembra essere proprio a favore dell’ondata di destra. In generale, però, il dato che il 45% in media degli elettori non abbia partecipato al voto manifesta il distacco popolare profondo e diffuso dalla Ue.

In Germania, dove la Cdu si mantiene primo partito con il 28,9%, la Spd arriva appena al 15,8%, i nazionalisti dell’Afd salgono all’11% e i Verdi europei riscuotono una grande affermazione, raggiungendo il 20,5%. Proprio i Verdi rappresentano una delle novità di questa tornata elettorale. Anche in Francia, dove, ad esempio, hanno raggiunto il 13%. Certamente questo è il frutto delle mobilitazioni ambientaliste di questi mesi, che, palesando la riattivazione di un tema parziale di contestazione sistemica, sono state spinte anche da settori di capitale interessanti allo sviluppo della green economy, che non sostiene l’avanzata delle forze d’ispirazione nazionalista ma segnala, vista la difficoltà della sinistra radicale in tutte le sue componenti, la richiesta di un’alternativa. Sull’avanzata dei Verdi sarà altresì interessante leggere i dati sulla composizione sociale di questo voto ed anche quella generazionale. Si può ipotizzare che sia stata una parte dei settori intermedi e più scolarizzati della società a dare sostegno alle forze ambientaliste.

Proprio la sinistra radicale e comunista, invece, subisce un arretramento pesante ovunque: in Grecia, per ovvi motivi, in Germania, così come in Francia o in Spagna, dove Podemos, insieme ad Izquierda Unida, arriva appena al 10%. Per non parlare dell’Italia su cui approfondiremo successivamente. Sul dato generale della sinistra in Europa si può dire che non viene percepita come alternativa, non essendo stata in grado di esprimere una linea chiara a differenza della destra nazionalista, che ha invece reso comprensibile il suo posizionamento comune. Sugli esiti del voto elettorale hanno pesato anche il fallimento e la sconfitta, oggi anche alle urne, della “speranza” Tsipras in Grecia. Il tema, infatti, a sinistra non è l’unità come feticcio ma la capacità di arrivare sui contenuti ad una sintesi in grado di trasmettere una strategia ed una piattaforma definita e credibile a livello di massa. Ciò dovrebbe avvenire in primo luogo sull’Europa e sull’Euro, dove nella sostanza oggi si dice tutto ed il contrario di tutto.

Salvini e la Lega sono i vincitori assoluti di queste elezioni in Italia. Con il 34% la Lega conquista quattro milioni di voti in più rispetto alle politiche, un dato inappellabile. Dall’altra parte il Movimento cinque stelle si ferma al 17,07% e perde circa 6 milioni di  voti rispetto ad un anno fa. Solo questi due dati evidenziano che il vero scontro politico che si è consumato in questi mesi è tutto dentro alle forze interne alla maggioranza di Governo. Gli altri sono stati, pressappoco, degli spettatori. Il Pd, ad esempio, che supera il Movimento cinque stelle con il 22% dei voti, in termini assoluti rimane sostanzialmente stabile. Si può affermare, senza timore di essere smentiti, che è il Movimento cinque stelle ad essere arretrato e non il Pd a essere avanzato.

Seppure il voto resta molto variabile e non stabilizzato, la Lega, non solo consolida e rafforza il voto al Nord, superando il 40% ma si conferma ormai forza nazionale con il 33,4% al centro e il 23% nel Mezzogiorno. Questo ovviamente ha conseguenze definitive sugli assetti del centro-destra tradizionale, ora dominato dalla Lega, cui si aggiunge il risultato positivo di Fratelli d’Italia arrivato a oltre il 6%. Consensi, quelli del partito di Giorgia Meloni, concentrati soprattutto nel Mezzogiorno.  Si può dire che ad oggi la vera alternativa all’attuale compagine di governo sia la potenziale coalizione Lega-Fratelli d’Italia, disegnando un definitivo superamento di quello che è stato il centro-destra degli ultimi 25 anni, considerando anche che Berlusconi e Forza Italia possono essere attratti ad esempio dal progetto centrista di Calenda. Certamente un’alternativa non rappresentata dal Pd che continua ad essere visibilmente espressione dell’europeismo più convinto e la cui tenuta è stata favorita e costruita intorno all’immagine unitaria di Zingaretti e alla “paura” della destra. Una “paura” che, ci pare, sia un’arma spuntata anche per loro.

Il crollo del Movimento Cinque Stelle è l’altra notizia. Anche per il movimento di Di Maio il voto non è uniforme, con il 29% del Mezzogiorno a cui fa da contraltare il 16% nel Centro e l’11,1% nel Nord. Le prime analisi dei flussi evidenziano che a beneficiare del voto in uscita dai pentastellati sia proprio la Lega ed in minima parte il Pd, nonché un nuovo riflusso verso l’astensione.

Il risultato de La sinistra, invece, è da inserire sicuramente nel quadro della sconfitta di tutte le formazioni legate al GUE anche se, nel caso italiano, l’assenza completa di un progetto e le corsa all’ultimo minuto per fondare liste che cambiano ad ogni elezione ha peggiorato la situazione rendendo il risultato disastroso. Inoltre la campagna elettorale fondata tutta sull’antifascismo ha pagato in minima parte il Pd con il “voto utile e democratico” e per niente La sinistra, che è stata percepita già sconfitta, marginale e senza un’anima. Non è un caso se dell’emorragia di consensi di Di Maio e compagnia La sinistra non abbia intercettato nulla.

Le fratture socio-economiche del Paese si riflettono chiaramente nel voto. Tra grandi città e province, tra centro e periferie delle grandi città, tra Nord, Sud e Centro. Nessuna delle forze politiche ha un’uniformità d’insediamento elettorale nelle diverse realtà considerate. E sempre più marcata è differenza tra le grandi metropoli ed il resto del Paese.

Le stesse dinamiche del governo giallo verde dopo questo risultato tenderanno ad aumentarne la tensione. Flat-tax, autonomie, Tav possono divenire il terreno di scontro finale con esiti al momento del tutto favorevoli a Salvini che punta a non staccare la spina a Conte ma a determinare le condizioni, al limite, perché sia Di Maio, o chi per lui, a farlo. Come spesso rilevato il blocco sociale e l’articolazione delle due forze è destinata a deflagrare ma, ad oggi, la partita ancora si gioca tutta li. Il Pd resta in agguato ma è bene sapere che, con Zingaretti o senza Zingaretti, continuerà ad essere il cane da guardia di Bruxelles.

Come crediamo che, senza un cambio di passo, il ruolo della sinistra di classe è destinata a rimanere ai margini per molto tempo senza avere la forza di intercettare nulla del 45% dell’astensionismo ormai cronicizzato o del voto in caduta libera del Movimento cinque stelle. Di questa ultima considerazione le elezioni europee ne sono solo l’ulteriore certificazione.