Alcune valutazioni sulle elezioni sarde

Anche in Sardegna si è votato. Pur confermando i risultati e le tendenze dell’Abruzzo, la Sardegna ha evidenziato in maniera marcata alcuni nodi.
Ha vinto il centrodestra con il 47% dei voti e con un candidato del Partito Sardo di Azione. Le forze politiche registrano tutte un calo di voti assoluti rispetto alle politiche compresa la Lega (80mila voti alle Regionali contro i 93mila delle politiche). Ha pesato sul risultato certamente la protesta dei pastori, evidenziando, se ce ne fosse ancora bisogno, una forte instabilità del quadro politico e una grande mobilità elettorale. E proprio il primo stop di crescita della Lega dimostra che neanche questo partito ha una forza ancora stabile ed in via di consolidamento. Il centrosinistra recupera parzialmente, grazie al “volto pulito” di Zedda, ma il PD si ridimensiona ancora di più. Il Movimento 5 stelle crolla rispetto alle politiche in maniera pesante (68mila voti di ieri contro i 368mila delle elezioni del 4 marzo). Come già detto, questo non significa la “fine” del Movimento 5 stelle ma, insieme alla sua tradizionale debolezza nelle elezioni amministrative, dimostra che il suo resta un voto di opinione, pronto ad abbandonare quel movimento di fronte ad una proposta politicamente convincente. L’astensionismo resta l’unico dato stabile.
Il voto in Sardegna sottolinea ancora, quindi, che lo spazio politico-elettorale per chi vuole costruire una vera prospettiva di cambiamento va ricercato nell’elettorato 5 Stelle. A dimostrarlo, prima dei risultati elettorali, è la composizione sociale di quell’ elettorato. In questo quadro, o si è in grado di far proprie le istanze più avanzate di cui i 5 Stelle sono espressione, chiarendone gli elementi più contraddittori e denunciandone la mancata traduzione in provvedimenti esecutivi dal Governo, nel quadro di una piattaforma chiara e di rottura oppure il tutto rifluisce nell’astensionismo. Il voto “tradizionale” non esiste più. È inutile cercarlo. Tutto ciò ovviamente ha radice nella trasformazione della composizione di classe, nel ritardo soggettivo dei comunisti e delle sinistre che ha spinto milioni di lavoratori tra le braccia dei 5 Stelle, etc. Questa sintetica lettura della situazione evidenzia l’inutilità di tutti quei processi che si risolvono nello sterile culto dell’unità della sinistra. Prima si capisce, meno danni si continuano a fare e più facile diventa aprire una prospettiva nuova.