ELEZIONI REGIONALI E QUALCOSA DI PIU’

Le elezioni regionali del 12 e 13 febbraio lasciano inalterato il quadro politico uscito dalle elezioni politiche di settembre, pur mantenendo ancora evidente una tendenza ad una fluidità molto forte nel voto.

Ancora una volta il dato più importante è quello dell’astensionismo. Anche se gli italiani non sono abituati ad appuntamenti elettorali in febbraio o nelle date più improbabili, come il settembre delle politiche scorse, questo dato non può essere spiegato con fattori puramente organizzativi.

Se meno del quaranta per cento degli aventi diritto partecipa ad una tornata così importante il tema è prima di tutto politico. Il solco tra rappresentanza e rappresentati si è ormai ampliato ed è difficilmente colmabile nel breve periodo.

Quando oltre il settanta per cento degli italiani, secondo tutti i sondaggi, si dice contrario dall’inizio all’invio di armi a Kiev e la quasi totalità del Parlamento vota più volte quell’invio è chiaro che il solco non può che farsi più profondo. Questo, ovviamente, è soltanto un esempio di quali siano le ragioni di tale separazione tra rappresentanza e rappresentati. Le leggi maggioritarie e, in generale, la tendenza alla semplificazione del gioco democratico, hanno spinto la maggioranza della popolazione fuori dalla rappresentanza. Questo aspetto, seppure con lacrime da coccodrillo tutti i partiti dicano che si impegneranno a contrastarlo, se cronicizzato rende più semplice il governo di scelte che in futuro saranno sempre più impopolari.

L’Italia, in questo senso, rischia di diventare un modello di stabilità dove la passivizzazione e l’esclusione di un’ampia parte della popolazione tende a consolidarsi.

Certo è che sotto la cenere la brace non smette mai di ardere e forse anche per questo “il pericolo terrorista” di cui è stata vestita la vicenda Cospito viene lanciata come un monito di fronte ai possibili sussulti sociali che l’aggravarsi della situazione economica e la spinta guerrafondaia con cui si sta affrontando la crisi Ucraina rischia di portare.

Le grandi mobilitazioni in Francia contro la riforma delle pensioni non parlano solo oltralpe e con timore vengono vissute da tutto l’establishment. Il contagio è sempre un pericolo contro cui in ogni Paese si costruiscono vaccini e anticorpi che possano fermare o arginare eventuali mobilitazioni sociali.

Il dato strettamente elettorale sui voti validi conferma il risultato delle politiche con l’affermazione di Fdi nelle due regioni (25,1 % in Lombardia e il 33,6% nel Lazio), la tenuta della Lega (16,5% in Lombardia e 8,5% nel Lazio) e il crollo di Forza Italia (7,2% in Lombardia e 8,4% nel Lazio). Dal lato opposto l’unica forza politica che mantiene i suoi voti è il PD (21,8% in Lombardia e 20,2% nel Lazio). Il Movimento cinque stelle riduce notevolmente la sua attrattività e il suo argine “antisistema” non riesce a contenere l’emorragia astensionista. Il suo andamento ondivago, figlio di una generica ed eterogenea composizione sociale, politica e culturale, hanno minato profondamente la credibilità dell’ex movimento di Beppe Grillo che, come tale, non esiste più. Riversare troppe speranze in quel che ne rimane rischia di essere un’illusione. Seppure in questa fase resti tra i pochi interlocutori presenti in Parlamento per le forze che vogliano costruire un percorso di opposizione ampio al Governo Meloni.

Come sempre, per ultima, lasciamo la sinistra (al netto del Partito democratico) che al momento risulta non pervenuta. Sparsa in tutte le coalizioni, in più liste fuori e con il centrosinistra, continua ad evidenziare una crisi di progetto profondissima e parlare dei dati diventa ingeneroso soprattutto nei confronti di quei militanti che ancora con grande abnegazione si spendono nella costruzione di una o più opzioni politiche in questo quadro complicatissimo.

Non v’è dubbio che ci sia bisogno di una rottura, di eventi mobilitanti che rimettano in connessione milioni di persone affinché il vento cambi, e le parole d’ordine e la volontà di cambiamento possano riprendere un percorso razionale ed efficace nel nostro Paese. A “bocce ferme” è impossibile pensare a margini di rilancio di un progetto di alternativa. Un ricordo: i semi sparsi negli anni Ottanta furono da premessa al movimento studentesco della “Pantera” con una nuova generazione che, nella parte più avanzata e connessa a quella che non si arrese alla fine del PCI, diede vita al Movimento della Rifondazione Comunista. Ripetere quella storia è impossibile, ma averla presente è importante. Tenuto conto che quella generazione è stata in gran parte bruciata dalle derive che hanno portato alla situazione attuale.

Ad oggi, quanto sia lunga quella strada non è chiaro, visto che in apparenza sembra si ripetano percorsi che vanno avanti più per inerzia che per convinzione. Non mancando le energie delle nuove generazioni che emergono a fasi alterne, il quadro, ad oggi così desolante, può cambiare. In primis mettendo al centro una battaglia più decisa per la fine della Guerra in Ucraina. L’opposizione, oggi inesistente a livello di massa e impossibile con una parte dell’opposizione parlamentare schierata con la guerra ad oltranza più del Governo, si dovrebbe costruire da li. Insomma, senza l’aria per respirare la sinistra continuerà a morire di asfissia o ad esistere solo per pochi.